ROMEO E GIULIETTA
di William Shakespeare
con Lea Barletti, Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella
traduzione e adattamento di Francesco Niccolini
scene di Roberta Dori Puddu
realizzazione scene L.C.D.C. luminarie Cesario De Cagna
costumi di Lapi Lou
luci di Davide Arsenio
assistente alla regia Paola Leone
regia di Tonio De Nitto
produzione Factory Compagnia Transadriatica in collaborazione con Terrammare Teatro, Teatri Abitati
Romeo e Giulietta è un gruppo di famiglia sbiadito e accartocciato dal tempo, una foto che ritrova vigore e carne per poi consumarsi e scolorirsi di nuovo.
Sono gli adolescenti di una comitiva che si cancella per sempre nel tempo di un paio di giorni, le morti innocenti, i desideri irrealizzati e la capacità di sognare che non può esserci tolta.
Con un allestimento corale, pop e visionario ambientato in una festa patronale del Sud proviamo a restituire la bellezza e la vitalità di uno dei classici per eccellenza con un gruppo affiatatissimo di attori.
"...questo Romeo e Giulietta sa far ridere e sa far commuovere e De Nitto sa come scegliere i giusti ritmi e utilizzare – con oculata parsimonia che denota padronanza di mestiere e ispirazione – un grappolo di musiche assai coinvolgenti. La compagnia Factory si sta avviando ad essere uno dei più interessanti giovani gruppi della scena non solo pugliese."
Nicola Viesti,
Hystrio n.2/2013
"...Lo spettacolo, nelle mani di De Nitto, mantiene intatta la sua vitalità e impeto giovanili e trasforma la ben nota tragedia scespiriana in una commedia corale per raccontare lo scontro generazionale tra madri, padri e figli. Un meccanismo perfetto che ben rispecchia il presente e che fa del Bardo un nostro attento contemporaneo."
Osvaldo Scorrano, La Gazzetta del Mezzogiorno del Mezzogiorno 11.03.15
"...Se ci limitassimo a dire che il R & G per la regia di Tonio De Nitto è soltanto “pop” non faremmo un buon servizio al teatro, al pubblico in delirio come raramente se ne vede, agli occhi che brillano, alle scintillanti intuizioni. Il tutto immerso nella semplicità di origami disegnati come luminarie da festa paesana del Sud, statiche e mutevoli grazie alle milleseicento piccole lucine che accendendosi a ripetizione, con cambi direzionali e policromatici, rendevano atmosfere senza tempo in un clima psichedelico, trasognante da processione, trance da Duomo. (...) E quindi se il testo, a tratti, a volte, in molte versioni didascaliche risultante polveroso, riprende la sua forza espressiva e colorata e alta e frizzante, se le scene hanno quel quid che ci porta dentro l’odio ancestrale di certi paesi, astio che comunque si mescola ai segni della croce in una marmellata tra devozione alla Madonna e sangue versato sui gradini della chiesa, se l’immaginario è contemporaneo di clan e capetti di luoghi dimenticati da Dio, allora, allora sì che si può, con titolo e doverosamente, parlare di riscrittura felice e non di inutile riproposizione."
Tommaso Chimenti su www.rumorscena.com del 27.03.14
"...Ha il sapore amabile e generoso d'una dolce pietanza al retrogusto leggermente amaro e screziato d'antica etnia solare e mediterranea, questo Romeo e Giulietta che Tonio De Nitto e la Factory Compagnia Transadriatica hanno messo in scena al Nuovo napoletano: e ascoltarlo rimato e ritmato al punto giusto, coi giochi di parole e calembour che intatto restituiscono il carattere sottile e avvolgente della poesia del Bardo, e ne ricreano l’artificio arguto agile e corposo al tempo stesso, è un piacere ch'accresce il gusto dell'intelligenza della forse più famosa delle tragedie shakespeariane. (…) Nell'adattamento di Niccolini e nell'accorta e pensosa regia di De Nitto tutto ciò vien restituito alla chiarezza e alla limpidezza, come una gigantesca operazione di portentosa e talentuosa pulizia del testo."
Luigi Paolillo su ilpickwick.it del 24.2.15
Romeo e Giulietta, perché scriverne un'altra versione
di Francesco Niccolini
Tutto ebbe inizio vent'anni fa. Andai a vedere le prove di uno spettacolo di Teatro Settimo, La storia di Romeo e Giulietta. Fino ad allora mi era sembrata la tragedia più melensa di Shakespeare, ma cambiai idea. Negli anni seguenti credo di aver rivisto quell'edizione molte volte e di non aver più smesso di commuovermi. Non tanto per la dolorosa storia d'amore di quei due ragazzini ma per quei cinque cadaveri adolescenti che occupano la scena alla fine di tutto: cinque cadaveri e nessun motivo valido per morire, farsi uccidere o, peggio, darsi la morte.
Con gli anni credo che "Romeo e Giulietta" sia lo spettacolo di cui ho visto più versioni, qualcuna davvero indimenticabile. Quando Tonio De Nitto mi ha proposto di adattare alla sua compagnia quel testo, mi è venuta un'idea al limite dell'incoscienza: non accontentarmi di adattare una traduzione esistente, ma ritradurre in rima, così come nell'originale shakespeariano.
All'inizio credevo di morire. I primi versi un'autentica tortura. Ma piano piano la mente si abitua ai nuovi ritmi e le dita corrono sui versi, sulle rime, sui giochi di parola. Più un'intuizione di Tonio: scrivere i dialoghi dei due innamorati non in rima, ma nella prosa più semplice e piana possibile. Una grandissima idea, perché l'amore che ti fulmina non ha bisogno delle regole e delle forme che servono per relazionarsi con il mondo, soprattutto quel mondo ostile e vigliacco nel quale prevalgono violenza e arroganza.
Tutto è gioco, tutto è capriccio, il ritmo e il tono scherzosi, la storia spesso comica, fino a prova contraria, fino al sangue versato, fino a un padre che dà della puttana alla figlia, fino alla morte dei compagni di gioco, fino al rimpianto più feroce e alla colpa. Come nel più classico dei casi da tragedia, la colpa dei padri, che – come scrive Pasolini – deve essere gravissima per meritare una così atroce punizione.
Ed è questo il motivo per cui amo tanto "Romeo e Giulietta": perché racconta la colpa più grave in assoluto di cui noi essere umani ci macchiamo e subiamo allo stesso tempo, la soppressione dell'infanzia e dell'adolescenza. Una soppressione che tutti piangono, perché tutti siamo stati ragazzi e poi tutto è finito. Lavorare, parola dopo parola, verso dopo verso, al "Romeo e Giulietta" di William Shakespeare mi sembra il più bel modo per invecchiare senza perdere di vista l’importanza della giovinezza: la propria, quella dei genitori, e degli adulti che un giorno saremo: non c’è niente da fare, ci ricorda Shakespeare, la giovinezza morirà per tutti. A noi trovare un modo, un miracolo, perché non muoia. Allora impariamo le parole d’amore di Romeo e quelle di Giulietta, impariamole a memoria, par coeur, come dicono i francesi, ché è più bello.