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Giulietta e Romeo tra pizziche e Carrà: funziona

Come tutti i classici, anche “la storia piena di dolore di Giulietta e del suo Romeo” si presta ai più vari adattamenti. Ne citiamo solo due famosi e cinematografici: “West Side story” di Robert Wise (1961), ambientato nei sobborghi di Manhattan e il più recente (1996) “Romeo + Giulietta” diretto da Baz Luhrmann, con i Capulet e i Montague che sin inseguono in automobile lungo le strade di Los Angeles e si sparano addosso con delle cromatissime Smith & Wesson. Meno fantasiosa ma ugualmente originale è la versione presentata al Teatro Sant’Antonio della Factory compagnia transadriatica di Lecce.


L’allestimento, diretto da Tonio De Nitto, si avvale della traduzione in rime baciate di Francesco Niccolini, riproponendo in tal modo la forma letteraria usata da Shakespeare. Più che nella bella Verona – o nella orgogliosa Montecchio, patria secondo la tradizione di uno dei due sfortunati amanti – sembra di essere capitati in un paesino del Salento durante una festa del santo patron, con tanto di addobbi luminosi, musicisti che suonano la pizzica e grida di imbonitori che invitano il pubblico ad entrare per assistere allo spettacolo. Il vecchio Capuleti assomiglia ad un boss della Sacra Corona Unita e il nemico Montecchi non è meno trucido e minaccioso. I figli cresciuti in un ambiente del genere non possono che odiarsi e cercare continuamente l’occasione per lo scontro. Un contesto violento, nel quale il tenero sentimento che sboccia tra i rampolli delle due famiglie rivali diventa un simbolo di redenzione, un tentativo, purtroppo vano, di porre fine all’odio in nome dell’amore.


In un disinvolto mescolarsi di antico e moderno, i giovani guappi duellano di spade ma Romeo ascolta con le cuffie “Sugar Baby love” e la canzone che va per la maggiore durante il ballo in maschera che si rivela galeotto per I due protagonisti è “Fiesta” di Raffaella Carrà. Queste stranezze però non disturbano, anzi vengono offerte dalla compagnia con un brio e una grazia tali da renderle divertenti. E le rime e le assonanze che scandiscono I dialoghi, anche se non sono proprio eccelse, si ascoltano volentieri e conferiscono alla recita un ritmo incalzante. Nella prima parte prevale il tono ironico quasi ilare. Niente lascia presagire la tragedia che si sta preparando e I personaggi ridono e scherzano tra di loro, senza prendersi troppo sul serio. La famosa scena del balcone vede Giulietta arrampicata su una scala a pioli e Romeo supplicare in platea , mentre i genitori e la balia sorvegliano nell’ombra, pronti a intervenire se lui dovesse allungare un pò troppo le mani.


Dopo il duello tra Mercuzio e Tebaldo il tono si fa cupo, le luci dei festoni si abbassano e tre croci luminose indicano il convento dove vive Frate Lorenzo, il confusionario ideatore del piano di fuga, che porterà al grand guignol finale. Ora non è più tempo di scherzo, l’affare si è fatto serio e la recita si incanala in un tono tragico e cupo che gli attori affrontano con bravura, dimostrando tutta la loro versatilità.


Insomma, tanta roba, qualche buona idea e qualche ingenuità, ma gli attori (Lea Barletti, Dario Cadei, Ippolito Chiarello, Angela De Gaetano, Filippo Paolasini, Luca Pastore e Fabio Tinella) ci sanno fare e nell’insieme la recita risulta gradevole, come testimoniano gli scroscianti applausi finali del pubblico di Sant’Antonio.

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