"La bisbetica domata" vista da Giulio Baffi
Capita di trascorrere un sabato sera, o una domenica pomeriggio al Nest, una volta la mese ed è un piacere. C'è un'aria lieta e distesa, c'è un parlare tra amici, c'è voglia di teatro, c'è un pubblico di giovani curiosi e di non giovani attenti. E sopratutto ci sono spettacoli interessanti, in scena, per ora e con sapiente prudenza d'impresa, soltanto per due giorni. Come questa “Bisbetica domata” che Francesco Niccolini ha riscritto lavorando ancora una volta “in rima” sulla celebre commedia di Shakespeare, e Tonio De Nitto ha messo in scena firmando una regia d'intelligente ed inconsueto spiazzamento. Non nuovi a simili operazioni di rilettura, e con loro gli attori, bravi della pugliese Factory Compagnia Transadriatica. Ippolito Chiarello ed Angela De Gaetano sono molto bravi nell'inventare un Pietruccio ed una Caterina di scivoloso percorso, e con loro Franco Ferrante, Antonio Guadalupi, Filippo Paolasini, Luca Pastore, Fabio Tinella meritano certo gli applausi del pubblico per questo spettacolo con belle musiche di Paolo Coletta, fantasiosi costumi di Lapi Lou e scene strepitose per semplicità, eleganza e disegno firmate da Roberta Dori Puddu, ben costruite da Luigi Conte ed illuminate da Davide Arsenio. Fin qui le necessarie informazioni di servizio. Bisognerà poi dire a chi per caso potrà vedere questo spettacolo da qualche altra parte che ho trovato una lettura quanto mai acuta di quella storia truce di sopraffazione maschile da sempre messa in scena con lievi possibilità sorridenti ed invece trascinata qui ben oltre le tante possibili ironie maschiliste. Per De Nitto questa storia è il racconto di un incubo, in cui precipita la giovane Caterina, che di carattere certo non è un piacere, ma che un mondo popolato di donne un po' sceme e di uomini torvi anche quando sono sorridenti condanna ad un silenzio malato e sconfitto. E per fare questo non rinuncia al sorriso, non cancella i giochi impertinenti e l'allegria dei sensi e delle parole. Niente affatto. Ma ci porta verso questo finale nero e cupo, da rimorso inquietante, pian piano, impercettibile sapienza, come avvicinandoci al bordo del pozzo nero e profondo per spingerci dentro all'improvviso, a condividere rimorsi maschili normalmente rimossi. Bravi tutti. Perché ci si diverte pure, e parecchio. Resta però la stanchezza del verso che affanna imponendoci i suoi ritmi faticosi. E con questo loro piacere di giocare con le parole questi artisti curiosi dovranno pur fare i conti. Li aspetto con fiduciosa curiosità.
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