Diario di un brutto anatroccolo visto da Mario Bianchi per Eolo
“Diario di un brutto anatroccolo” della Compagnia Factory continua, dopo una particolarissima, riuscita, versione di “ Cenerentola”, il percorso di originale attraversamento di alcune tra le fiabe più famose, operato da Tonio De Nitto, anche attraverso la danza. E quale fiaba potrebbe essere più congeniale al regista leccese per parlare del tema che gli sta a cuore della diversità/identità e dell’integrazione se non “Il Brutto anatroccolo” di Hans Cristian Andersen ?
De Nitto immagina la storia del protagonista della celebre fiaba come un vero e proprio diario, il diario di un piccolo cigno, creduto anatroccolo, che compie un vero viaggio di formazione alla ricerca di se stesso e del proprio posto nel mondo e alla scoperta della diversità come elemento qualificante e prezioso.
Ecco cosi che come sulle pagine di un diario, accompagnate da immagini significanti, si manifestano i vari passaggi dell'età, la nascita assai faticosa, il rifiuto da parte della famiglia, la scuola e il bullismo, il mondo del lavoro, l’amore che nasce e che finisce, la caccia e poi la guerra, sino al bellissimo “coup de theatre” finale, dove il nostro protagonista specchiandosi nel lago, che all'improvviso gli si manifesta davanti, scopre la propria vera identità.
Il tutto raccontato senza parole, solo attraverso il ritmo del teatro, accompagnato da qualche verso e con le musiche originali composte da Paolo Coletta che reinterpreta Tchaikovsky, ma non solo. Anche qui, ancor di più che nello spettacolo di Armamaxa, bellissima e significante tutta la prima parte, claudicante ci è invece sembrata la seconda, dove l'invenzione teatrale risulta meno potente e la coraggiosa Fancesca De Pasquale in scena con gli efficaci Ilaria Carlucci, Luca Pastore, Fabio Tinella è lasciata troppo sola a sostenere tutto il disagio di una condizione di diversità reale ed immaginata, riscattato, come detto, dal bellissimo finale.