Shakespeare e le donne di oggi nella “Bisbetica” firmata Factory - Giancarlo Visitilli su Repubblica
Qualsiasi cosa tocca Tonio De Nitto, regista e spettatore attento, diventa fiaba, favola, narrazione, a cui, poi, dà carattere e colore, rapportando qualsiasi storia, anche la più classica, all’oggi. Al modo della commedia di William Shakespeare, La bisbetica domata, divisa in cinque atti, in versi e in prosa, presentata per il cartellone dei Teatri di Bari, e in replica il 30 e 31 marzo a Novoli al Teatro Comunale. Si tratta di una produzione Factory compagnia transadriatica, al cui adattamento del testo ha lavorato Francesco Niccolini. La compagnia salentina, che ha già rivisitato altri capolavori di Shakespeare, ci riprova con un’opera del Bardo, tra le sue più anomale. De Nitto/Niccolini ne ripropongono una versione in rima, che rende ancora più surreale la volontà del nobile padovano Battista Minola di trovare uno sposo per sua figlia, Caterina, conosciuta da tutti per la sua scontrosità e il suo carattere, rifiutata da tanti e in cambio della quale il padre propone sua sorella giovane, Bianca, corteggiata invece da tanti spasimanti, tra cui Gremio e Ortensio. Mentre Caterina sarà domata, attraverso un’esemplare rieducazione, tutta privazione e obbedienza bieca nei confronti di Petruccio, un uomo di quelli che si conoscono bene, per mezzo delle cronache di femminicidi quotidiani, Bianca sposerà Lucrezio. Conferendogli un carattere da operetta moderna, ammiccando a tutta una serie di meccanismi drammaturgici di cui il regista è padrone, la bisbetica qui proposta ha un carattere musicale (merito anche delle composizioni di Paolo Coletta) e poetico, per mezzo di un continuo affidamento all’endecasillabo, che fanno dell’opera una contemporanea favola nera. Molto bravi e credibili gli attori, in un ruolo che li vede interpreti sempre sopra le righe, ma capaci di ricondurre il tutto all’oggi, con un finale tragico, dove è possibile rileggere il dramma di donne che si ritrovano serve e obbedienti alla legge del branco, che è maschio. Degne di nota le scenografie di Roberta Dori Puddu, che danno voce e sguardo alle persiane e porte, fintamente socchiuse, perchè sempre pronte a orecchiare l’inguardabile. Ma che non impediscono di evitare la straziante fine di Caterina, coi segni sul volto, disposta a scaraventare sul pubblico la sua verità agghiacciante.