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Annarita Risola su Il fantasma di Canterville

E…

Quel brusio che mancava,

ritorna a riempire il cuore…


Siamo in piazza Regina Margherita a Novoli. L’occasione è la rappresentazione di un horror teatrale dal titolo: “Il fantasma di Canterville”, liberamente ispirato all’omonimo racconto di Oscar Wilde del 1887, riscritto e interpretato da Angela De Gaetano, che ci accoglie all’interno del teatro, col suo solito sguardo magnetico, attento, circospetto. Indossa l’abito di scena, nero con rifiniture bianche e in testa ha una coroncina di tulle bianco. Intanto il teatro va lentamente riempiendosi, giusto il tempo di espletare la doverosa compilazione di un modulo con i propri dati anagrafici e farsi prendere la temperatura…

Il progetto di cui fa parte lo spettacolo di stasera 1Giugno 2021 e che andrà in scena anche domani si chiama “Legami” - Teatri del Nord Salento, e vede in prima linea Factory Compagnia Transadriatica e BlaBlaBla. Dunque, legami, quelli che cerchiamo di ricucire col mondo esterno dopo tanti, troppi mesi di lockdown, quelli che stasera timidamente ritroviamo nella nostra piccola grande comunità, ma… ecco che l’attrice sale sul palco, le luci si spengono e ha inizio questo monologo, o melologo come suggerito sulla brochure di presentazione. Un susseguirsi ritmato di parole che evocano la necessità di pulire, disinfettare, quasi un mantra che si interrompe col suono di una nave che dall’America sta per giungere in Inghilterra. A scendere per primi sono i componenti della famiglia Otis: Hiram, ambasciatore, Mrs. Lucrezia, la sua consorte e i loro quattro figli, Virginia di quindici anni, Washington e i gemelli Stars e Strips (giusto per non dimenticare di essere americani) e il gatto Gastone. Se non fossi seduta in prima fila, penserei che il palco sia pieno di persone, animali, di un treno, di un cavallo e un cocchiere timoroso. Ma sul proscenio c’è solo lei: Angela De Gaetano, che con consumata abilità ha saputo prendere una delle storie di Wilde più conosciute e arricchirla di dettagli, evidenziando le caratteristiche di ciascun personaggio e tipizzandoli nei loro movimenti stereotipati. Galoppa la fantasia e il racconto è reso così avvincente da aver completamente distrutto la quarta parete e attirato ogni singolo spettatore in quel mondo fiabesco. Il luogo dove questa allegra famiglia ha intenzione di andare è il Castello di Canterville, che a detta della governante dagli occhi strabici, è infestato dai fantasmi. Il castello però è molto bello, ricco di oggetti preziosi, con una biblioteca piena di libri, Virginia osserva la madre, come al solito troppo preoccupata a guardare gli oggetti, piuttosto che le persone, ma… sul tappeto c’è una macchia di sangue. La governante Mrs. Umney si affretta a raccontare la tragica fine di Lady Eleonor De Canterville che nel lontano 1575 era stata uccisa da Sir Simon, suo marito. Più che spaventata, la famiglia Otis è stizzita dalla presenza della macchia, che viene prontamente eliminata con un particolare prodotto inventato da Washington. Il tempo scorre velocemente, così come il giro su sé stessa che compie l’interprete, sottolineando il passaggio temporale e di scena. Ora canta Freedom (immancabile richiamo a quella libertà tanto auspicata), mentre si toglie l’abito nero e lo appoggia sullo schienale di una sedia bianca, uno dei pochi elementi in scena insieme ad una grande cornice anch’essa bianca, e dice: “La nostra casa è il mondo”. Intanto fuori piove e Virginia ha paura. La macchia di sangue è riapparsa, e in casa si iniziano a sentire degli strani scricchiolii, folate di vento gelido e la governante vieta di toccare il pannello intarsiato che si trova sotto la statuetta d’avorio. Ecco che un giorno appare il fantasma, è Sir Simon, ha gli occhi rossi, dovrebbe spaventare, ma così non è, perché Otis lo accoglie con una stretta di mano e i gemelli lo inseguono con le cerbottane, rendendolo ancor più collerico e facendolo sprofondare in uno stato di frustrazione. Ad intenerirsi di questa alquanto strana situazione è Virginia che dopo una serie di ricerche apprende che dopo la morte della moglie fu fatto prigioniero e morì di stenti, la sua povera anima avrebbe trovato pace solo se una persona avesse pianto lacrime sincere per lui, sì da poter essere accolto dall’angelo e condotto alla pace eterna. Intanto si ode, fuori campo, l’inconfondibile voce di Roberto Latini, che dice: “Quando fiorirà il mandorlo…e di un bimbo udiremo il canto…”, ecco, finalmente il fantasma è libero di morire, e per ricompensa la dolce Virginia riceve uno scrigno di preziosi.

“Perché l’amore è più forte della morte…”.

Questa la morale della favola? Forse, intanto ha già assolto il suo compito, quello di distrarci dalla quotidianità, poi di farci riflettere su tematiche quali la paura, la morte, il progresso, il passato che ritorna come una macchia e sull’amore, che vince sempre su tutto. Ma a pensarci bene, non è proprio quello su cui stiamo riflettendo dall’inizio di questa pandemia? Ecco il magico mondo del teatro, il suo scopo educativo e il potere delle parole che affabulano, sì da riuscire ad esorcizzare le più ataviche ed ancestrali paure. Noi, fragili esseri umani, sempre in bilico tra la vita e la morte, la forza e la debolezza, il dominio e la sottomissione, sentimenti emersi grazie ad una riscrittura attenta alle dinamiche e ai conflitti familiari, che la DeGaetano ha saputo modulare con “magica disinvoltura”. Magistrale la regia di Tonio De Nitto, perfette le musiche di Paolo Coletta e le luci di Davide Arsenio. Davvero un lavoro corale. Non mi resta che ringraziare per aver posto l’accento sulla necessità dell’ascolto, perché non c’è paura più grande che quella di non sentirsi amati.


Annarita Risola


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